Intervista a Walter Guadagnini, critico e storico di fotografia
Pagine di Fotografia Italiana | N. 6 – Primavera 2006
Articolo di Fabio Castelli. Download pdf >>
Quando in Italia le Istituzioni, pubbliche e private, investono in arte
Walter Guadagnini è una personalità ben nota a chi si occupa di fotografia in Italia: collaboratore prima e direttore poi della Galleria Civica di Modena, curatore di numerose importanti mostre e autore di molti saggi critici – oltre che di un valido e fortunato volume didattico-divulgativo, “Fo t o g r a f i a” (Bologna 2000) – è attualmente anche Presidente della Commissione Scientifica della nuova collezione Unicredit.
Partiamo proprio da questa sua ultima esperienza per porgli qualche domanda in merito ai problemi inerenti il rapporto complesso e ancora difficile, in Italia, tra Istituzioni, pubbliche e private, e la ricerca d’arte, in particolare quella che usa la fotografia come linguaggio.
Professor Guadagnini, Lei ha una consolidata esperienza nel campo della direzione artistica e del ruolo svolto dalle Istituzioni italiane, soprattutto pubbliche. Adesso possiamo interpretare il suo nuovo incarico di Presidente della Commissione Scientifica della nuova collezione Unicredit come un ulteriore segnale della crescente attenzione di enti pubblici e privati nei confronti del collezionismo d’arte e in particolare di quello fotografico?
«Unicredit ha dato il via a una nuova collezione di arte contemporanea connotata da un indirizzo strategico che privilegia la produzione artistica italiana. Il radicamento di Unicredit sul territorio nazionale ha spinto a favore di questa scelta per una collezione che non sia una semplice “raccolta” di opere ma che sia in dialogo con il territorio e con i suoi più diversi, potenziali fruitori: le Istituzioni, dunque, ma anche i dipendenti e i clienti della banca, gli operatori dell’arte e della comunicazione. In questo senso il progetto mira a dialogare con l’attualità e di conseguenza la fotografia, che è uno dei linguaggi artistici più rappresentativi del nostro tempo, occupa un posto rilevante nella collezione. Questo progetto dunque contribuisce sicuramente anche a rafforzare l’attenzione degli enti, pubblici e privati, che in Italia per troppo tempo hanno disatteso la creazione di collezioni o di progetti artistici più duraturi, che andassero oltre gli eventi effimeri».
A proposito di progetti durevoli vorrei ricordarLe una parte della tematica emersa durante una giornata di studio “L’anello mancante” tenuta nell’ambito del festival Foto&Photo – Fotografia a Cesano Maderno (segnalata su Pagine di Fotografia Italiana, N° 3, Primavera 2005): durante quel convegno che aveva come tematica proprio il ruolo della fotografia nel collezionismo e nel mercato, il suo intervento evidenziava, tra l’altro, come uno dei punti dolenti nel sostegno alla cultura e al collezionismo fotografico italiano sia costituito proprio dall’assenza di collezioni pubbliche di fotografia…
«Infatti in quel mio intervento, dopo aver sommariamente raccontato l’esperienza anomala, fortunata e purtroppo isolata della Galleria Civica di Modena, puntavo la mia attenzione sul fatto che l’Italia non manca tanto di personale qualificato (curatori e specialisti della storia e del collezionismo fotografico) quanto di strutture pubbliche seriamente impegnate a lavorare su progetti duraturi, le collezioni in primo luogo, che devono vivere in sintonia con il mercato e con le gallerie private che costituiscono l’humus nel quale si seminano e si producono i frutti dell’arte. Il mercato può espletare una funzione importantissima e si sa che museo e mercato sono collegati, ma poi ci deve essere unaconsolidata struttura istituzionale all’interno della quale possa lavorare l’operatore culturale. Da questo punto di vista sicuramente l’Italia sconta forti ritardi ».
Tornando al progetto Unicredit e stabilito che l’impegno a lungo termine di un’impresa – nel caso specifico un’azienda bancaria così come avviene in gran parte dei Paesi d’Europa più avanzati – contribuisce ad arricchire l’intero sistema artistico di una nazione, trovandovi in una situazione iniziale, su un territorio quasi vergine da questo punto di vista, quali sono gli altri punti salienti dell’indirizzo strategico della collezione?
«Riprendendo la risposta di prima sottolineo che l’acquisizione delle opere per la collezione Unicredit si svolge attraverso i canali istituzionali del mercato e quindi si rivolge alle gallerie con una serie di ricadute positive per tutto il sistema. Per quanto riguarda la scelta degli artisti valgono le regole del consolidamento “storico” già presente per gli artisti di generazioni più mature e l’opportunità che si offre agli artisti più giovani di affermarsi o rafforzare la propria presenza nel campo dell’arte italiana e internazionale. Inoltre una peculiarità di questo progetto è data dall’idea di commissionare ad alcuni artisti una serie di opere, denominate “La suite”, con il carattere dell’unicità e che costituiranno un nucleo originale e forte che potrà essere o rganicamente proposto a un pubblico più vasto. Un’ulteriore idea-guida consiste infatti nella volontà di rendere pubblica la collezione, oltre che acquisirla e conservarla: al proposito, oltre ai luoghi propri delle sedi di Unicredit, si pensa a opportunità esterne, in collaborazione anche con Musei e altri enti pubblici».
La funzione dell’ente pubblico torna dunque come un tormentone soprattutto nel concepimento di progetti artistici di largo respiro in Italia. E vengono sempre fuori le debolezze strutturali della presenza-assenza delle istituzioni italiane nel campo dell’arte. Qualcosa, timidamente, si sta muovendo: la nascita del Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello, con la presenza di tutti i gradi delle istituzioni pubbliche, una più attenta partecipazione delle stesse a progetti non effimeri come le molte esperienze sulla ricerca fotografica in Emilia Romagna. Insomma il problema forse consiste ormai non tanto più nel “sollevare il problema” quanto nel trovare sempre maggiori risorse pubbliche destinate a progetti seri…
«Pubbliche o private, poco importa, importa che si creino le condizioni per arrivare a quella confidenza con i linguaggi della contemporaneità che in Italia ancora manca, e che si crea solo trasformando in abitudine, in lingua condivisa, ciò che oggi appare come lingua straniera. Per questo il progetto di Unicredit non si limita alla costituzione di una collezione di arte contemporanea, ma si incarna anche nel sostegno a musei come il MART di Rovereto o il Castello di Rivoli, nella pubblicazione di una collana dedicata all’arte del XX secolo, nell’istituzione di borse di studio per giovani artisti e studiosi: su questo terreno pubblico e privato possono incontrarsi, e dare vita a quei progetti di cui tutti sentiamo la mancanza».