La piccola differenza

Pagine di Fotografia Italiana | N. 2 – Autunno 2004
Articolo di Fabio Castelli. Download pdf >>

 
La fotografia tra arte e documentazione

 

Nell’intervento di questa rubrica pubblicato sul numero scorso, il primo di questa pubblicazione, si è tentato un approccio generale alle molteplici tematiche relative al rapporto tra fotografia e mercato dell’arte. Il discorso, già di per sé complesso, accennava anche ai problemi relativi alla possibilità di riproduzione – tecnicamente illimitata – della fotografia e alle conseguenti ricadute sul valore economico della fotografia intesa proprio come oggetto materiale, come materiale fisico, come supporto, cartaceo o d’altra natura, ricoperto di materiale sensibile debitamente esposto, sviluppato e fissato.

Dalla nostra prima analisi derivava che questo prodotto dell’ingegno umano – prodotto complesso, frutto della capacità del fotografo di vedere il mondo in modi nuovi, diversi rispetto alla normale capacità di guardare e descrivere su un piano bidimensionale – ha bisogno di sottostare alle regole inderogabili del mercato se vuole inserirsi a pieno titolo, anche in Italia, nel mercato dell’arte internazionale. E una, se non la più importante di queste regole, è quella della tiratura, della possibilità cioè di limitare il numero delle stampe in circolazione della stessa opera.

Alla luce di questa premessa vorrei tentare in questo intervento un breve approfondimento su un aspetto molto dibattuto: quello degli ambiti della fotografia che molto spesso viene trascurato a favore di una visione generalista che tutto include in un calderone in cui per esempio la fotografia realizzata per pura documentazione (si pensi al reportage giornalistico pur nelle sue cento sfumature) è trattata con gli stessi strumenti storico-critici e di mercato della fotografia realizzata per pura ricerca artistica. È evidente insomma che si tratta di due ambiti molto diversi, con finalità diverse e che quindi hanno sbocchi di mercato completamente diversi, con le dovute eccezioni, come si scriveva nel primo intervento, di alcuni autori in cui il reportage si mischia con la ricerca sul linguaggio e che per il loro consolidato prestigio internazionale (e si faceva l’esempio di Cartier-Bresson ma potremmo citare anche tanti altri autori come gli italiani Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna e altri) hanno conquistato un loro spazio apprezzabile anche nel mercato dell’arte pur dovendo accettare un sacrificio sul prezzo della quotazione, legata sempre al numero di copie in circolazione della stessa immagine.