Le opere d’arte e il linguaggio fotografico

Corriere della Sera | Venerdì 15 Febbraio 2008

Articolo di Fabio Castelli. Download pdf >>

 

Ho letto con molta attenzione l’articolo di Arturo Carlo Quintavalle per cui nutro una stima profonda (Corriere, 10 febbraio). Fino alle ultime righe molte tesi sono condivisibili, molte, non tutte. Ma la chiosa mi ha costretto a prendere la penna in mano, sicuro che moltissimi fotografi che praticano ricerca artistica nel mondo – tra i quali tanti italiani contemporanei e attuali verso i quali lo stesso Quintavalle ha dimostrato ben altra e positiva attenzione – non saranno certo contenti di essere considerati dei «delinquenti» secondo l’enunciazione di Quintavalle che afferma che «la fotografia d’arte, oggi, è delitto». Non si comprende perché il linguaggio fotografico non possa essere utilizzato da chi ha l’intenzione di produrre opere d’arte. Non si capisce perché l’uso della macchina fotografica, della camera oscura e oggi di quella«chiara» debba essere appannaggio esclusivo di chi fa fotogiornalismo. Per quale motivo non si dovrebbe decidere una tiratura per quelle opere che hanno come destinazione il mercato dell’arte, visto, oltre tutto, che il costo di produzione di queste ultime è molto elevato? Per fortuna il mondo della fotografia è, per sua natura, estremamente ampio e variegato. C’è posto per tutti, senza limitazioni di sorta o steccati artificiosi. Mi pare insomma che queste prese di posizione alimentino una polemica che pareva superata, e anzi, dovremmo nutrire forti dubbi sulla sincerità dei fotografi che praticano il fotogiornalismo e vogliono mantenere le distanze, a parole, dalle regole del mondo dell’arte. Perché, per dirla francamente – ancora una volta, centocinquanta anni dopo le polemiche ottocentesche – i «puri» fotogiornalisti anelano, come gli altri, a che i loro lavori finiscano sulle pareti delle gallerie e delle istituzioni pubbliche e private per il riconoscimento dell’aura«d’arte» e di conseguenza, economico.

Fabio Castelli


Non è vero, il dibattito sulla moltiplicazione delle immagini fotografiche non è né vecchio né stucchevole, ma molto attuale. La fotografia, chiedo, è moltiplicabile? Lo è sempre stata ma con le nuove tecniche digitali nella maniera più aderente. E’ solo il mercato che ne blocca la diffusione. L ‘arte non dipende dal valore venale dato all’opera grazie alla limitazione delle copie ma dalla sua qualità, ripeto riproducibile. Ma il problema non è solo questo. Chi scrive ha l’idea che la fotografia sia Invece opera unica e irripetibile, una idea postromantica di «creazione» da contemplare. Benissimo, ma perché non può essere patrimonio di tutti, come dischi, libri, etc.? Quanto alla distinzione tra fotogiornalisti e fotografi d’arte «veri» questa sì che è datata: corrisponde perfettamente alla opposizione di Benedetto Croce fra arte e cronaca, fra arte e prosa. Ultimo: dedicavo un mio vecchio libro, di 25 anni fa, a coloro che non fanno mercato della fotografia. Continuo a pensarla nello stesso modo.

Arturo Carlo Quintavalle