L’arte a stampa | N. 5 – Gennaio-Febbraio 1979
Articolo di Fabio Castelli. Download pdf >>
Per un collezionista di stampe di oggi è impensabile pretendere di emulare i grandi del passato come Mariette o Barnard o anche quelli dell’inizio del secolo come Rothschild e Morgan. Temo che l’ambizione di organizzare raccolte simili sarebbe oggi facilmente frustrata, anche tralasciando il problema dei prezzi. soprattutto per la ormai enorme difficoltà di reperire sul mercato esemplari, in particolare di maestri antichi, eccezionali per qualità e conservazione.
È per questa ragione, ed anche per un mio interesse personale specifico, che ho orientato la mia collezione non tanto su un particolare periodo storico né tanto meno su un singolo autore, ma sulla ricerca di testimonianze significative dall’inizio della storia della stampa alla fotografia che, come collezionista. considero la naturale continuazione della grafica. Questo tipo di impostazione scaturisce dal fatto che preferisco avere con chiarezza in mente una panoramica di un determinato momento della storia dell’uomo e dell’arte in tutto il mondo, piuttosto che sapere, nel massimo dettaglio e profondità, tutto sulla vita e le esperienze di un certo artista o di un certo gruppo di artisti vivente in un periodo determinato.
Mi capita sempre, dopo aver visitato un museo specifico, di cercare una tavola sinottica per vedere quale arte si riproduceva in Cina, in Europa o in Africa mentre prosperava quel tipo di arte appena ammirata. Trovo entusiasmante osservare la nascita delle civilta e le loro caratteristiche e studiarne le peculiarità che ne hanno permesso la nascita. Tornando alla stampa lo stesso principio informatore mi spinge a ricercare i pezzi più significativi al fine di poterne tracciare la storia. Infatti il foglio stampato è sempre un catalizzatore per svolgere ricerche e studi che permettono di inquadrare l’afista stesso, il periodo in cui ha operato e le influenze che ha subito.
Quando ho iniziato a raccogliere grafica, non era questo il progetto della collezione. Provengo anzi da un collezionismo diverso: quello di opere uniche, di solito olii su tela, di maestri contemporanei. Meglio, di giovani. Conobbi casualmente uno di questi e, in modo molto fortuito, feci i miei primi acquisti:. due disegni, spendendo esattamente 100.000 lire. Era questo l’inizio del mio interesse per l’arte come collezionista, Incominciai a frequentare qualche atelier di artisti, con qualcuno divenni amico.
Ma, interessandomi più a fondo di quanto non avessi mai fatto dell’arte, del suo mondo, frequentando gallerie, musei, case d’asta, sentivo sempre più l’esigenza di ampliare le mie conoscenze e la mia collezione ad opere più significative.
Mi accorgevo che certe opere che mi erano piaciute, venivano superate; che altre mi interessavano maggiormente, che sentivo l’esigenza, affinandomi il gusto, di avere opere di Maestri i cui prezzi però erano molto più elevati di quelli a cui io ero avvezzo.
Ed è stato quello il momento in cui sono passato alla grafica, preferendo decisamente la qualità alla unicità che, cosa per me incomprensibile, per molti è fonte di inesauribile soddisfazione. Preferivo cioè avere un eccezionale pezzo di grafica piuttosto che una brutta opera unica. Con una stessa somma, per esempio 500.000 lire, si poteva acquistare una splendida stampa originale di Mirò, mentre era assai difficile acquistare qualcosa di altrettanto valido in pittura.
Purtroppo in Italia la grafica è sempre stata considerata un sottoprodotto per via della enorme ignoranza che lacirconda alimentata tantevolte da molti pseudo operatori del settore. Una volta quindi approfondito il concetto di “grafica originale” ho iniziato questo tipo di raccolta, attratto, oltre che dal pregio artistico, anche dall’interesse tecnico, cercando di capire le varie sfumature espressive delle diverse tecniche usate dagli artisti. Ho venduto tutti i quadri che avevo, tranne qualcuno di qualche artista di cui sono amico ed ho iniziato a raccogliere stampe di autori contemporanei, andando via via indietro nel tempo ma senza superare mai il valico rappresentato da Goya che è considerato la linea di demarcazrone tra moderno e antico. La passione, coinvolgendomi sempre di più, rni induceva a dedicare molte serate allo studio e alla lettura di testi sulla grafica, e alla catalogazione in schede per il mio archivio, delle opere che a mano a mano andavo acquistando.
Credo infatti che sia importante per un collezionista avere una scheda e una fotografia di ogni opera presente nella propria collezione. Come redigere queste schede è un argomento che, come quello di conservare e incorniciare le stampe stesse, è stato oggetto di numerosi trattati, per cui trovo superfluo raccontare come lo faccio io. A poco a poco mi sono abbonato a molte riviste italiane ed estere che trattano grafica in generale e a cataloghi di aste di gallerie nazionali ed internazionali, a pubblicazioni di musei o gallerie pubbliche. Esaminando tutto questo materiale non potevo non venire attratto da quei colossi come Dürer e Rembrandt che lentamente mi hanno coinvolto a tal punto da costringermi ad interessarmi anche del loro mondo e di quello dei loro contemporanei. Sono arrivato, attraverso di loro, a scoprire gli antichi con il loro enorme fascino, rendendomi però subito conto della grande difficoltà di conoscerne tutti i segreti.
Per loro, ancora di più che per i moderni, è importante avere o sapere dove consultare i libri con i riferimenti più importanti. La documentazione bibliografica, insieme alla redazione di un esauriente archivio della propria collezione, rappresenta un sussidio indispensabile per un vero collezionista. La caccia e il reperimento di un libro divenuto introvabile dà la stessa soddistazione della scoperîa in una stampa rara. In fondo, quello dei libri, è il patrimonio più importante, perché attraverso di loro, si viene ad acquisire una conoscenza che niente e nessuno potrà mai togliere.
E proprio leggendo molte cose sulla stampa originale ed esaminando tanti fogli che lo studio e l’interesse vengono attratti dal “come” queste opere vengono eseguite. Le numerosissime tecniche che possono venire utilizzate – le infinite sfumature che possono essere colte, gli effetti che possono essere resi mischiandone più di una, l’uso dei diversi tipi di carta, sono altri campi che l’appassionato autentico sente il bisogno di approfondire.
Sono aspetti della grafica importanti in quanto il conoscerli a fondo rende capaci di apprezzare maggiormente la stampa che si esamina raggiungendo una maggiore sensibilità critica. ritengo comunque che sia impossibile conoscere veramente a fondo una tecnica di stampa studiandola solamente sui libri, anche se redatti con numerose illustrazioni e fotografie. Sarebbe molto più interessante riuscire a trovare il modo e il tempo di sporcarsi le mani lavorando su un torchio.
Lo studio delle tecniche mi ha aperto un nuovo mondo al quale mi ero inizialmente accostato, attratto solamente dalla grande abilità di coloro che lo popolavano e che si esprimevano soprattutto con la silografia. Parlo dei Giapponesi ed in particolare degli artisti che si sono manifestati nei secoli XVII e XVllI. Questo periodo, detto Ukiyo-e, è interessante a mio avviso, per tre ragioni: la prima per essere espressione di una civiltà allora pura e incontaminata, la seconda per esserr così lontana dalla cultura occidentale, inducendo così ad entrare nel favoloso mondo della filosofia orientale, la terza perché ha ispirato molti grandi artisti impressionisti e post-impressionisti allorché verso il 1860 questa arte è uscita dai propri confini approdando anche a Parigi.
L’arte dei Giapponesi è un mondo fantastico, di un fascino straordinario. Cercando in questo momento di citare qualche preferenza, mi vengono in mente tanti nomi e tante stampe, l’una splendida per la soffusa spiritualità, un’altra per la squisita eleganza, altra ancora per la forza che sprigionano o l’erotismo che emanano. Ho avuto il primo incontro con questo mondo dopo aver letto da qualche parte che a Genova c’era un museo di arte orientale con un eccezionale fondo di stampe. È il Museo Chiossone dove il primo sabato libero mi sono recato e dove è nato un altro “Amore”.
Tornando a pensare alle tecniche di stampa, mi viene in mente come tanti acquisti siano stati ispirati non solo dalla bellezza e dalla qualità del segno, ma anche, e certe volte soprattutto, dalla tecnica usata per l’opera stessa. Infatti considerando il filo conduttore della mia collezione che definirei “didattica”, molte volte sono stato indotto all’acquisto dal “come” un’opera era eseguita, preferendola magari a una più bella in quanto colmava una significativa lacuna della mia collezione.
Una mia tendenza è infatti anche quella di avere in collezione esempi di opere create con le varie tecniche più congeniali al singolo artista. Per esempio di Picasso, che è stato uno degli artisti più prolifici nel campo della grafica, sarebbe bello avere un’incisione, una litografia e un linoleum dei periodi migliori. Di Morandi basta invece una sola acquaforte. Essendo poi la collezione in continuo divenire, trovando una litografia di Picasso più bella e rappresentativa di quelle già in collezione, alienerò quella che ho sostituendola con quella qualitativamente migliore, continuando sempre la ricerca verso il più bello e il più rappresentativo nei periodi e nelle tecniche.
Per finire, ricordando di averlo scritto all’inizio, vorrei parlare della fotografia che apre anch’essa un mondo in parecchi punti totalmente diverso, ma per altri estremamente simile. Guardando le foto di Cartier-Bresson e analizzando il modo in cui sono stampate, si evince quanto la foto sia vicina alla stampa originale. Il fotogramma impressionato da Cartier-Bresson è stampato senza alcun taglio o correzione. La sua grande abilità di artista lo induce a ritrarre il mondo utilizzando tutta l’ampiezza dell’obiettivo e stampando esattamente l’inquadratura che ha ritratto nel mirino al momento dello scatto, Il nero intorno all’immagine stampata e l’angolo arrotondato come una lastra bisellata riportano direttamente al mondo dell’incisione.
Anche i cliché-verres non dimostrano in modo inconfutabile di avere genitori il bulino e la fotografia? E quanti artisîi delle avanguardie non hanno utilizzato la macchina fotografica per le loro ricerche? Pochi.
Non avrei mai creduto, se non mi fossi messo a ricercare anche queste testimonianze, quanti Futuristi o Costruttivisti o Espressionisti famosissimi per le loro opere create con mezzi, diciamo tradizionali, si siano espressi anche con la fotografia. Per non parlare dell’attività catalizzatrice di Stieglitz che intorno alla sua galleria 291 di New York ha fatto vivere una meravigliosa epopea alla fotografia finalmente considerata alla stregua delle altre forme d’arte che, coesistendo tutte, si esaltavano vicendevolmente.
Anche la mia collezione quindi vive cercando relazioni e consequenzialità, dagli incunaboli alla fotografia, dai cliché-verres ai rayogrammi, dai Giapponesi a Toulouse-Lautrec cercando di trovare un filo conduttore che spieghi e racconti la storia dell’arte.